Un domanda che oramai si fanno in tanti.
Ma con la riforma del catastato aumenteranno anche le tasse?
La riforma del catasto era già stata annunciata ad ottobre 2021 poi tutti pensavano che come sempre sarebbe finita del dimenticatoio ed invece questa volta si va avanti.
Chiaramente molti nel Governo hanno provato a fermare questa riforma poiché sostengono che porterà solo ad un aumento delle tasse ma oggi non siamo assolutamente in grado di dire che cosa succederà.
Pare che la proposta di riforma del catasto sia stata approvata solo a condizione che le informazioni rilevate nel, diciamo nuovo catasto, non siano utilizzate né per finalità fiscali né per il computo del valore dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente di un individuo né in ogni caso per incrementare il gettito fiscale!
Quindi sembrerebbe, il condizionale è chiaramente d’obbligo, che fino al 2026 momento di entrata in vigore del nuovo catasto non ci sarà alcun aumento delle tasse.
Intanto appunto, chiariamo che gli effetti della riforma catastale decorreranno dal 2026 e che entro il 2023 dovrà essere emanato il decreto che stabilirà quali dovranno essere le nuove regole.
Sappiamo che l’attuale sistema di valutazione catastale nasce nel 1939, è stato poi più volte rivisto fino all’ultimo decreto del 1993, dopodiche’ sono stati veramente tanti i tentativi di riforma catastale ma nessuno è mai arrivato alla fine tranne per il fatto che le attuali rendite catastali vengono rivalutate di un 5%.
Ormai tutti sappiamo che le discriminazioni catastali sono veramente tante, ad esempio ci sono immobili inseriti in centri storici mai toccati dalle revisioni catastali con valori bassissimi versando ad esempio unImu decisamente più bassa di altri immobili costruiti invece in periferia e sicuramente con un più basso valore commerciale.
Quindi se ci basiamo su questa discriminante sicuramente una riforma del catasto diventa assolutamente necessaria ed utile ad esempio avere uno stesso sistema di rilevazione catastale per tutti gli immobili e prevedere che vengano usati gli stessi criteri usati sia dai comuni che dall’agenzia delle entrate per facilitare il classamento corretto degli immobili.
Inoltre dovrebbe accadere che entro il 2025 le informazioni presenti al catasto dovranno essere integrate attribuendo ad ogni unità abitativa un valore patrimoniale ed una rendita rilevata in base ai valori di mercato. Oltre al fatto che non ci sarà più una indicazione in vani ma bensì in mq e che l’osservatorio del mercato immobiliare ogni sei mesi possa dare dei dati aggiornati delle quotazioni sia di vendita che di affitto degli immobili.
È stato chiarito che queste informazioni non dovranno essere usate per la determinazione della base imponibile dei tributi né per finalità fiscali, staremo a vedere.
A questo punto ci si chiede perché allora questa riforma catastale?
Perché sembrerebbe che dai rilievi statistici fatti dall’agenzia delle entrate manchino all’appello più di un milione di immobili non accatastati!
Ecco la vera riforma, l’indicazione per la riforma del catasto è stata quella di utilizzare tutti gli strumenti disponibili per mettere a disposizione dei Comuni e dell’Agenzia delle Entrate la possibilità di individuazione degli immobili non censiti, evidenziare terreni edificabili accatastati come agricoli o addirittura veri e propri fabbricati abusivi.